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La disoccupazione cresce, toglieranno i Working Holiday Visa?

Il tasso di disoccupazione in Australia ha raggiunto il 6,4% – ed è ancora più alto per i giovani. Secondo recenti richieste nuovi posti di lavoro vengono occupati da immigrati, e il mercato del lavoro giovanile inizia a subire dei colpi.
Una ricerca della Monash University suggerisce che la maggior parte dei nuovi posti di lavoro creati negli ultimi anni stiano andando ad immigrati, inclusi coloro che arrivano in Australia con il Working Holiday Visa.

Il livello di disoccupazione in Australia, rilevato nelle prime settimane di agosto, hanno mostrato un aumento del 6,4% – livello che non si raggiungeva dall’Agosto 2002. Sebbene i valori relativi ai lavori stagionali siano da tenere poco in conto, quello che fa pensare è il livello per i contratti di lavoro a lungo termine, che stanno crescendo ad una velocità maggiore rispetto alla crescita della popolazione australiana e la ricerca ad opera della Monash University ha richiamato l’attenzione sulle politiche di immigrazione in Australia.

Il tasso di disoccupazione è stato molto alto nell’ultimo anno. Come è stato notato sin dallo scorso marzo, l’ABS ha ridotto il campione di persone che misura ogni mese, il che ha aumentato il margine di errore possibile. Questo mese è stato, inoltre, annunciato che è stato in parte cambiato il modo in cui viene definito se un individuo è considerabile occupato o meno. Per essere inoccupato c’è bisogno che si sia all’attiva ricerca di lavoro. L’ABS ha ora incluso due nuove voci che sono alla base di questo cambiamento: “ho sostenuto un colloquio con un datore di lavoro” e “sto compiendo i primi passi nel fondare o avviare un’impresa privata”.

La prima voce indica che molte persone quindi vengono incluse a sua volta nella categoria dei disoccupati. In teoria se si sostiene un colloquio e si resta in attesa di conoscerne l’esito senza cercare ulteriori possibilità di impiego, non si dovrebbe essere ritenuti come forza lavoro.
Secondo l’ABS quest’aspetto non ha avuto un grosso impatto, ma è chiaro che nel momento in cui si dà uno sguardo al tasso di partecipazione – che misura la percentuale della popolazione adulta compresa nella forza lavoro – ci sarà un bel po’ di differenza rispetto allo stesso tasso riguardante l’anno precedente.

E questo ha avuto effetti anche sul livello di disoccupazione, con un divario stagionale di circa lo 0,33 punti percentuali – il secondo più grande cambiamento negli ultimi cinque anni.

Tasso di disoccupazione australiano

Dunque possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo, perché in pratica si tratta esclusivamente di un piccolo errore statistico? Ahimè, no. Mentre i valori che riguardano i lavori stagionali oscillano in modo alternativo, il valore del 6,1% cresce regolarmente, con piccoli segnali di ripresa.

E giusto nel caso che non abbiate molta fiducia nei dati statistici, nello Statement of Monetary Policy pubblicato ad inizio del mese, la Reserve Bank ha fatto previsioni tutt’altro che rosee: “il livello di disoccupazione è destinato a rimanere alto per un bel po’ di tempo e non si prevede un declino fino al 2016.”

Quindi, che cos’è che non va bene? Bene, è chiaro, non ci sono abbastanza posti di lavoro.
Nonostante ciò che potrebbe pensare il senatore Abetz, la chiave di volta per i disoccupati per trasformarsi in occupati non è inviare curriculum e candidature per quanti più lavori possibili, ma attraverso più posti di lavoro disponibili per i quali candidarsi.
Come regola generale, la popolazione di adulti australiana cresce di circa l’1,6% ogni anno (sebbene tale valore sia stato leggermente più alto negli ultimi otto anni).

Se i posti di lavoro non cresceranno di concerto con la popolazione, il tasso di disoccupazione è destinato a crescere inevitabilmente.

Crescita annuale dei posti di lavoro e della popolazione

Nell’ultimo anno il livello dei posti di lavoro è crescita di solo l’1%, e rispetto a 36 mesi la crescita è stata di circa 1,6% – la seconda oscillazione più lunga in 40 mesi consecutivi tra Agosto 1990 e Dicembre 1993.
Chiaramente l’impatto della Grande Crisi Finanziaria è stato abbastanza lungo. In parte ciò è dovuto al fatto che la Grande Crisi Finanziaria è stato un enorme colpo per l’economia ( colpo, che fortunatamente, gli australiani sono stati capaci di evitare in parte), ma la ripresa è stata ostacolata prima di tutto dalle altre nazioni del mondo che cercavano di prendere tempo, ed in secondo luogo è stata causata dal loro tentativo di ripresa attraverso ribassi degli interessi e il conseguente deprezzamento del valore della moneta – che ha portato ad una sovravalutazione del dollaro australiano.

Come è stato notato in passato il fatto che il dollaro australiano abbia avuto un valore molto alto ha frenato l’economia nazionale – tenendo anche conto dell’impatto positivo dei bassi tassi di interesse.
L’impatto della Grande Crisi Finanziaria può essere analizzato in due modi: i lavori a tempo pieno e la disoccupazione giovanile.
Durante il periodo del boom nelle miniere, compreso tra il 2004 e il 2008, la crescita dei contratti per lavori a tempo pieno e quelli temporanei o a part-time erano pressoché identici.

Crescita degli impieghi a tempo pieno e a part-time

Ma quando la Grande Crisi Finanziaria imperversava, mentre la crescita dei lavori part-time non cessava a diminuire, la crescita invece dei lavori a tempo pieno subiva un arresto. Nell’anno precedente la crescita per i lavori a tempo pieno si è ripresa lentamente – al momento è sopra lo 0,7 della crescita annuale. Ma il valore rimanere ben al di sotto del necessario per riportare ai livelli ottimali l’incontro tra offerta e richiesta di lavoro.

Quindi quando si ha una crescita debole di contratti di lavoro e uno scarso numero di lavori offerti, chi soffre? Coloro che hanno meno esperienza e meno qualifiche: i giovani.
Sin dalla Grande Crisi Finanziaria, l’impiego giovanile è stato relativamente misero. Così come Leith van Onselen ha segnalato nel suo blog di macroeconomia, la crescita dell’impiego non giovanile (ovvero quello che riguarda le persone oltre i 24 anni) è rimasto positivo (anche se debole) sin dalla Grande Crisi Finanziaria. In altre parole, si può dire che la crescita degli impieghi giovani è rimasta positiva negli ultimi tre anni.

Ciò significa che mentre la percentuale delle persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni con un impiego è rimasta inalterata rispetto a quelli che erano i valori nei tempi precedenti la Grande Crisis, la percentuale di giovani impiegati è di circa l’11% al di sotto rispetto allo stesso valore rilevato nell’Agosto 2008.

Rapporto tra posti di lavoro e popolazione dal GFC

Come tutti gli altri, anche i giovani sono stati colpiti dalla mancanza di lavoro a tempo pieno. Mentre si assiste ad un aumento del 7% dei giovani impiegati in lavori a part-time rispetto al periodo precedente la Grande Crisi Finanziaria, – che in Australia è nota con l’acronimo GFC -, si assiste invece ad un impressionante 18% in meno dei giovani lavoratori con contratti a tempo pieno.

Crescita dei posti di lavoro per giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni

Data l’incapacità della crescita dei posti di lavoro disponibili di seguire di pari passo la crescita della popolazione nazionale, e siccome il frammento di popolazione più colpito è proprio quello dei giovani, non c’è da sorprendersi se il primo dato che salta all’occhio sono gli effetti dell’immigrazione.

Il Centre for Population & Urban Research della Monash University ha pubblicato all’inizio del mese una ricerca sull’argomento, che ha portato all’attenzione come sin dal Gennaio 2011 siano arrivati in Australia 708.000 immigrati, dei quali 380.000 hanno un regolare contratto di lavoro. Se si considera che il valore netto totale di questa crescita è di sole 400,000 persone, significa che la maggior parte degli impieghi disponibili stiano andando agli immigrati.
Mentre si pensa che i visti giovanili servano ad aiutare a trovare e sfruttare nuove forze lavoro giovanili e creative, la ricerca ha riportato che comunque le figure più richieste riguardano l’industria turistica, e in particolare il settore della ristorazione, che non ha avuto flessioni sin dal 2010.

Ugualmente, c’è stato anche un grande afflusso di ragionieri – 5.766 ragionieri e contabili hanno trasformato il loro visto in un programma per residenti permanenti nel periodo compreso tra il 2012 e il 2013 – ed infatti il dipartimento per l’impiego ha denunciato un sovrannumero di contabili in Australia.
La crescita di domande non è avvenuta solo per il visto 457 (ovvero per i lavoratori con lo skilled visa temporaneo), ma anche per i visti 417 (quelli Working Holiday per intenderci). La ricerca ha riportato che le richieste dei visti 417 siano cresciute dalle 185.480 nel 2010/2011 alle 214.644 nel 2011/2012, fino alle 249,231 per il periodo compreso tra il 2012/2013.
E mentre lo stereotipo è che questi lavoratori che provengono dall’estero raccolgano frutta, la ricerca denota che per la grande maggioranza di coloro in possesso del visto 417 “passano il loro tempo nelle maggiori città” ciò include che: “ loro, così come gli studenti o altre persone in possesso divisti temporanei, sono in grado di trasformarsi in feroci competitors nei confronti dei giovani australiani in cerca di lavoro”.

Trattare dell’argomento visti temporanei e simili potrebbe dare sfogo a grandi discussioni che possono sfociare nel razzismo e nella xenofobia, com’è accaduto quando il Governo Gillard ha apportato modifiche alle leggi che regolavano il visto 457. Con questo approfondimento, prendendo spunto da un articolo apparso sul The Guardian, vorrei invece aprire un dibattito tra voi lettori di Portale Australia, che già siete in Australia o che avete intenzione di venire nei prossimi mesi. È arrivato il momento per l’Australia di rivedere le regole dei visti temporanei?

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