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Tirocinio all’estero. Intervista a Federica Pau

Immaginate di inquadrare il suo sorriso, ampio e luminoso, poi allargate l’inquadratura e soffermatevi sugli occhi, grandi di un bel color cioccolato, ampliate ancora e avrete tutto il suo viso raggiante incorniciato da lunghi capelli castani che ricadono morbidi sulle spalle. Lei chi è? Ma è Federica Pau, ovviamente… Ecco come si è raccontata per Portale Australia, questa giovane sarda di ventitré anni che sta vivendo la sua esperienza australiana grazie ad un tirocinio universitario.

Quale è la tua professione in Australia?

Sono tirocinante presso l’istituto ICE (Italian Trade Agency), che si occupa di internazionalizzazione di aziende italiane nei mercati internazionali, nel mio caso in Australia. Il nostro scopo è supportare le aziende che vogliono esportare i loro prodotti in ogni fase, dalla ricerca e analisi di mercato, al reperimento di partner esteri, all’organizzazione di eventi promozionali, marketing, business meeting, insomma un impiego molto stimolante. Lavoro dal lunedì al venerdì, ma sono anche cameriera nel fine settimana, per guadagnare qualcosa e viaggiare una volta finito il tirocinio.

Lavorare all’estero con lo sguardo verso l’Italia

Quale è stato il tuo percorso di studi in Italia?

Mi sono laureata in Economia e Finanza e ho poi conseguito la Specialistica in International Management.

Quale è il tuo luogo d’origine?

Sardegna, Cagliari. Anche se, in realtà, mi piace entrare nel dettaglio e specificare il fatto di avere sangue sardo misto, ovvero, dalla parte di papà sono di Cagliari e dalla parte di mamma, di un piccolissimo paesino nel centro est della Sardegna, Osini. Penso che sia una delle parti più belle della Sardegna (e del mondo ahahah) perché da una parte trovi un mare incontaminato, dai colori mozzafiato, poi volti la testa e vedi delle bellissime montagne che ne fanno da cornice.

Ami il tuo Paese? Perché?


Non vorrei sembrare banale, perché questa è una risposta data un po’ da tutti i ragazzi che vivono esperienze come la mia: si tratta di un rapporto conflittuale. Partiamo dal presupposto che quando mi chiedi “Ami il tuo Paese?” per mio paese, penso subito alla Sardegna. Sono Italiana, lo riconosco, ma la prima cosa che rispondo quando qui mi chiedono “Where are you from?” è “Sardegna”, cosa comune tra noi sardi. Il rapporto con la mia terra è un rapporto complesso, da una parte la amo perché c’è la mia famiglia e i miei amici, perché se voglio andare a fare una corsa sul lungo mare mi bastano cinque minuti di macchina per arrivarci, perché se voglio trovare un posto dove stare sola, sono certa di trovarlo e perché ci sono dei posti bellissimi che scopro estate dopo estate, e mi lasciano senza fiato. Allo stesso tempo sento di essere chiusa in una bellissima gabbia d’oro, perché se volessi viaggiare senza una meta, dopo un po’ dovrei fermarmi (se non volessi finire in mare ahahah), perché in una dimensione piccola come la mia, dopo un po’ ti trovi a fare sempre le stesse cose, nei soliti posti, a vedere sempre le stesse facce. Non puoi scappare. A volte, poi, sono amareggiata, perché nonostante abbia fatto tanti sforzi (e così come me tantissimi altri ragazzi sardi), mi trovo in una terra che non offre grandi possibilità lavorative, non, per lo meno, quelle che speri di ottenere dopo anni di studio, esperienze e sacrifici. Quindi o si va all’estero, o si accetta il compromesso di ‘accontentarsi’ professionalmente, stando però nel posto che si ama, ma non so ancora da quale parte della bilancia penderà l’ago della mia vita.

Come mai hai puntato il dito sul mappamondo proprio sull’Australia?

Inizialmente puntavo a fare un tirocinio a New York, era un po’ il mio sogno: il mondo del business, la finanza, una realtà dinamica e competitiva, New York rispecchia apparentemente tutto questo. Tuttavia, riuscire a trovare un tirocinio lì, è stato molto complesso, soprattutto perché dalla mia Università non ho ricevuto un grande aiuto nel tentativo di recuperare contatti utili o di essere sponsorizzata e, ovviamente, se un’azienda riceve una mail scritta da Federica Pau, piuttosto che da ‘Professor X’ le cose cambiano, soprattutto quando non hai ancora esperienze lavorative alle spalle nel settore, ma stai cercando di costruirtele. Poi, casualmente, ho letto su internet una serie di articoli relativi a quanto l’Australia abbia un’economia florida e in forte crescita, un’economia che punta e investe molto sui giovani. Così  ho iniziato la mia ricerca e ho mandato le prime mail. Ci ho provato e dopo appena tre giorni avevo trovato il mio tirocinio… in Australia!

Il primo impatto

Qual è stato il tuo primo impatto di Sydney?

Forte e contrastante. Stupita di trovarmi in una dimensione nettamente più vasta della mia (alzo la testa e vedo grattacieli di cinquanta piani quando il massimo a cui sono abituata sono palazzi di sei o sette piani!), ma sbilanciata anche a livello morale e psicologico: realizzare che sei fisicamente dall’altra parte del mondo (e quando dico dall’altra parte del mondo non sono blasfema) non è facile. Quando io mi alzo, i miei genitori vanno a dormire, io ceno e loro pranzano, qui è inverno e là è estate, qualora avessi delle difficoltà non posso dire di prendere il primo aereo e tornare a casa, perché non è proprio così immediato, quindi abituarsi a tutto questo ha richiesto qualche giorno, ma la buona notizia è che ora sto decisamente meglio…

Hai maturato un’impressione generale diversa ora che è trascorso quasi un mese?

Sì, decisamente! Mi basta girare l’angolo della strada per vedere quante persone si trovino nella mia stessa situazione (magari perché come me stanno cercando di capire tramite Google Map dove diavolo si trovino e in quale direzione debbano andare), di quanto possa cogliere e imparare da questa esperienza e di quanto la città possa darmi dal punto di vista creativo e di voglia di fare, c’è un brainstorming continuo e incessante qui a Sydney. Mi basta fare due passi per accorgermi delle opportunità lavorative che può offrirti, ci sono start up in ogni dove, ristoranti di ogni tipo, dove poter provare cucine e sapori di tutto il mondo, persone con fisionomie diverse, provenienti da ogni parte del mondo. Sono circondata da una diversità culturale che è apprezzata, in cui il diverso non è una cosa da guardare con un occhio storto, ma qualcosa da cui attingere davvero per crescere e arricchirsi vicendevolmente.

Quali sono i tuoi progetti al tuo rientro in Sardegna?

Discutere la tesi, poiché ho finito tutti gli esami del Master e ora mi manca solo lo step finale, dopodiché darmi da fare e iniziare a capire cosa fare della mia vita, il che non è una cosa da poco! Ahahahahah!

Quando immagini te stessa nel futuro (che sia l’anno prossimo o tra dieci anni) ti vedi con maggiore probabilità all’estero o in Italia?

Onestamente non ne ho idea; ho imparato, invece, a cogliere le occasioni che ti si presentano e ho smesso di fare programmi da un po’ di tempo, forse perché quando l’ho fatto, ho preso qualche batosta, forse perché è bello cogliere le cose come capitano. Sarà banale, ma il fatto di non aspettarsi niente, cercare e cogliere quello che si trova, senza vincoli di nessun genere, è molto più stimolante… Carpe diem!

Oltre all’Australia, che tipo di esperienze hai fatto all’estero? Dove sei stata?

Ho fatto un’esperienza studio di sei mesi tramite Erasmus a Vienna, un bellissima periodo, che mi ha lasciato tanto, soprattutto a livello umano. Ho avuto modo di conoscere tantissime persone provenienti da tutte le parti del mondo e con le quali, in parte, sono ancora in contatto ora, nonostante siano passati già tre anni.

Racconta un episodio divertente che hai vissuto qui a Sydney.

Il secondo giorno dopo il mio arrivo, sono andata a fare un giro in centro da sola, perché non conoscevo ancora nessuno; mi sono ritrovata nel mezzo di un’enorme strada della City con un incrocio pedonale altrettanto enorme a forma di X. Allo scattare del verde tutti sono partiti (ovviamente), ma, essendo scattati contemporaneamente sei semafori, c’era chi attraversava a destra, chi a sinistra, chi proseguiva dritto e chi in diagonale, insomma si poteva andare in tutte le direzioni. Così mi sono trovata nel bel mezzo di questa massa di gente, e, vi giuro, non capivo più dove dovessi andare, così sono rimasta ferma, poi mi giro e vedo due ragazze ferme come me, nella mia stessa situazione. Ci siamo guardate e abbiamo iniziato a ridere, perché ci siamo accorte di essere le uniche “polle” un po’ smarrite da quell’attraversamento pedonale e, così abbiamo capito che sicuramente non eravamo di Sydney, abbiamo iniziato a parlare, abbiamo mangiato un boccone insieme e ho stretto le prime amicizie grazie ad un attraversamento pedonale!

Cos’hanno in comune la Sardegna e l’Australia (se hanno qualcosa in comune)?

A livello naturale hanno diverse cose in comune, il clima in primis, stesso tipo di inverno, stessa temperatura, giornate quasi sempre con il sole, estati calde, paesaggi mozzafiato, il mare e le passeggiate sul mare. L’Australia ha anche dei bellissimi parchi ed è efficiente in molti settori, tra cui il trasporto pubblico. Inizialmente pensavo che gli orari scritti sui tabelloni alla fermata del pullman non potessero mai essere reali, gli orari non sono digitali e collegati ai bus, per questo presupponevo i pullman facessero sempre un po’ ritardo; invece è quasi un mese che sono qui e tutti gli autobus che ho preso spaccano esattamente il minuto, non uno in più, non uno in meno. Ecco per me questa era una cosa anormale, ma si tratta semplicemente di un’organizzazione migliore.

Cosa ti affascina della cultura australiana? Cosa, invece, non trova la tua approvazione?

Ancora non la conosco bene, quindi non mi sento di giudicare. In generale mi sembrano tutti aperti e disposti a darti una mano anche se, a quanto pare, (sulla base di esperienze riportate da diverse persone) il vero Australiano ha tra le sue priorità realizzare un buon business in ogni settore, dal semplice affitto di una stanza, per arrivare ai piani alti di un’azienda. Ecco mi è parso di capire che non guardano in faccia chi hanno davanti ad un certo punto, pur di raggiungere i loro obiettivi, che sia biondo, moro, bello, basso o alto, italiana, cinese, filippina o australiana, per loro conta il business e scelgono chi è in grado di “farglielo fare”, nel migliore dei modi. Oggi sei tu, domani potrebbe esserci un altro, vige la flessibilità, in luogo della stabilità. Quindi ho la sensazione che non amino troppo stringere legami di amicizia in ambiente lavorativo. Ma ripeto, non conosco ancora bene la loro cultura e riporto solo ciò che diverse persone mi hanno detto.

L’importanza delle esperienze all’estero

Quanto è importante per una ragazza giovane e in carriera fare esperienza all’estero all’interno del proprio percorso di studi o, come in questo caso, in prossimità della Laurea? Quale valore aggiunto può dare a Federica, come persona, ma anche a Federica come potenziale risorsa lavorativa in un’azienda?

Ovviamente dal mio punto di vista è importantissimo. Nessuno mi ha obbligato a fare domanda per poter provare a vincere una borsa di studio e partire dall’altra parte del mondo. In realtà, sarebbe stato molto più semplice discutere la tesi a luglio, uno volta finiti gli esami, godermi il mare, l’estate e divertirmi piuttosto che prendere un aereo, fare 24 ore di volo e due giorni di viaggio, arrivare da sola senza conoscere nessuno in un posto che è 17000 km lontano da casa. Ma ho comunque deciso di farlo perché sapevo che mi avrebbe arricchito e cambiato completamente. Come prima cosa voglio sottolineare l’importanza a livello umano che un’esperienza all’estero ti può dare, a prescindere che sia in Australia o in Europa, devi costruire da zero le tue amicizie e te stessa, devi adattarti a una nuova cultura e a dei ritmi che, per un verso o per l’altro, sono diversi dai tuoi e devi farlo perché pretendere di vivere in un paese straniero nello stesso modo in cui vivi a casa tua non ti aiuta, ma rende, invece, tutto più frustrante, perché di certo non sarai tu a cambiare il modo di pensare o di fare di un intero continente. Bisogna imparare che quando torni a casa da lavoro e sei in turno pulizie, devi farlo, anche se sei esausta, devi imparare a convivere con persone che molto probabilmente non parlano la tua lingua, che hanno un concetto di ‘pulizia’ molto diverso dal tuo (generalmente sempre peggiore ahahah), devi prepararti da mangiare, stirare, cucinare (ok sono cose che anche vivendo in Italia da sola, farei, ma qui sei “costretta”, non hai scampo, non puoi rimandare di un giorno la lavatrice perché rischi di restare senza roba per andare a lavoro! ahahah), imparare a conoscere te stessa e a capire che sei più forte di quello che pensavi. Ho realizzato che tutti i problemi a cui pensavo in Italia ora sono magicamente delle banalità, ho imparato a capire che valgo molto più di ciò che credevo e ho imparato a capire che non devo accontentarmi, ma puntare in alto. Professionalmente invece, questa esperienza mi sta arricchendo, perché mi permette di entrare per la prima volta a contatto, in modo serio e professionale, con il mondo del lavoro in un ambiente internazionale. Potrei essere considerata una risorsa futura valida per un’altra azienda dopo questa esperienza? Sì, sarei un buon punto di partenza! Ogni azienda ha esigenze diverse e opera in modo diverso, ma so di poter essere considerata una buona risorsa su cui investire perché, per forza di cose, un’esperienza lavorativa PROFICUA ti arricchisce. Questo succede sia che tu sia qui in Australia, sia che sia in Italia:

ti apre la mente, ti rende flessibile e richiede necessariamente di mostrare chi sei, se vali e quanto vali.

La differenza sostanziale tra un’esperienza di lavoro all’estero e a casa, in Italia quindi, è l’aspetto umano che dal mio punto di vista gioca il 70% della tua intera formazione. Sono partita in un modo e sono certa di tornare diversa, non sarò mai più la stessa Federica Pau che ero prima.

Cosa ti manca di più della tua terra?

Famiglia, Genitori, fratellino, il mio amato cagnolino Billo, la mia super amica Laura, i miei colleghi dell’università (sparsi per il mondo anche loro), l’aperitivo sul mare e poi il CIBO. Nonostante qui sia tutto buonissimo, ho sempre il rammarico di non aver tempo per cucinare così bene come mamma e papà sanno fare..

In cosa vorresti che migliorasse l’Italia di oggi? C’è un aspetto su cui dovrebbe prendere esempio dall’Australia?

L’Italia deve migliorare cercando di investire e puntare sulla scuola, sull’università e sulla formazione professionale. Deve creare network di contatti più forte e più ricco con le aziende (cosa che purtroppo accade solo con le università private) e deve investire sui giovani così come fanno qui in Australia. Se fai uno stage, fai uno stage serio in cui ti trasmettono dei valori, ti insegnano come si lavora, ti permettono di crescere, ti danno la possibilità di imparare perché vogliono davvero che tu diventi qualcosa, o meglio, una risorsa per loro, un investimento e non una perdita di tempo (o qualcuno da sfruttare -ndr-). Non ti trovi a fare fotocopie o il lavoro “scomodo”, quello che ti danno, perché magari richiede troppo tempo o perché troppo noioso. Sai quale fu la risposta di fronte alla mia richiesta di poter imparare davvero qualcosa di costruttivo durante uno stage che facevo in Italia? “Sai oggi cosa fanno gli stagisti in azienda? Il caffé, non sarà giusto, ma è così. Sai perché succede? Perché non abbiamo voglia, tempo e volontà di provare a insegnare qualcosa, specie se si tratta della nostra azienda”.

La cosa più assurda che hai visto a Sydney da quando sei atterrata in aeroporto…

Nessuna cosa assurda, ma un’altra cosa divertente è il fatto di non avere ancora imparato a camminare a sinistra (qui è tutto il contrario, anche la guida), né a guardare nella direzione opposta a quella cui sono abituata, quando attraverso la strada, così continuo a scontrarmi con le persone, perché mi trovo a camminare in senso opposto. Penso che quando avrò finalmente imparato, sarà ora di tornare a casa.

Completa questa frase: “Australia è sinonimo di…

‘cambio vita – cambio me stesso’

e i valori più profondi che rispecchia la sua popolazione sono…

‘ancora non lo so!!!!’

Fai un augurio a tutti i lettori e gli amici che leggeranno la tua intervista in inglese e poi in sardo.

“I wish you can live an amazing life-experience as that one I’m living right now. Don’t be scared of being outside of your confort zone and expose yourself because you will be rewarded for that…when you least expect it!”

“A chen’t annos cun saludi che significa “A cent’anni ricchi di salute!”

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