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Working Holiday visa: backpackers sfruttati sul lavoro

Un’indagine del governo australiano ha evidenziato forti discriminazioni sul lavoro per i backpackers che sono nel Paese con un Working Holiday visa, in particolare per quanto riguarda le paghe, ma anche la sicurezza e la salute. In alcuni casi hanno persino scoperto casi di molestia sessuale. Si assiste a un incremento allarmante di backpackers sfruttati sul lavoro, cosa sta succedendo? Ma soprattutto, come puoi difenderti?

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Backpackers con il Working Holiday visa: purtroppo ci sono stati diversi casi di sfruttamento

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COSA VUOI SAPERE?


Dopo due anni di raccolta dati, è appena stato pubblicato il report dell’organo governativo Fair Work Ombudsman, che ha analizzato la situazione dei giovani immigrati in Australia con un Working Holiday visa. L’indagine è nata dal crescente numero di lamentele da parte dei backpackers sfruttati sul lavoro ed è durata dal 2014 al 2016. Quello che in particolare è stato lamentato dai ragazzi e dalla ragazze che hanno scelto l’Australia per fare un’esperienza non solo di lavoro ma soprattutto di vita è la situazione relativa al farm work. Il Working Holiday visa, infatti, è concesso ai giovani che hanno dai 18 ai 3o anni compiuti per poter lavorare, studiare e viaggiare in Australia. Dopo i primi dodici mesi è possibile l’estensione del Visto per un altro anno, ma solo a condizione che il backpacker lavori per tre mesi (88 giorni per l’esattezza) in specifiche aree del Paese (definite rurali) e in precisi settori (in particolare agricoltura, produzione di carne, miniere e simili). Qui trovi la guida completa al lavoro nelle farms. Proprio le condizioni di lavoro in questi 88 giorni sono, per molti backpackers, difficili da digerire, soprattutto dal punto di vista economico. Bisogna anche tenere presente che dal 31 agosto dell’anno scorso (2015), per ottenere il rinnovo è obbligatorio presentare una busta paga relativa questo periodo (mentre prima era valida, a certe condizioni, un’attività di volontariato). L’obiettivo è evitare discriminazioni per questo tipo di lavoratori, che dovrebbero avere lo stesso livello salariale e gli stessi diritti dei lavoratori australiani. Ma non sempre il meccanismo riesce nel suo intento.

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Per il rinnovo del visto si devono fare tre mesi di lavoro in una farm ed è qui che avvengono i casi di discriminazione soprattutto


Backpackers sfruttati sul lavoro: i numeri

I giovani che hanno partecipato all’indagine sono stati quattromila e le loro esperienze hanno permesso di tracciare un quadro non sempre confortante della situazione nelle farms che accolgono questi ragazzi per il periodo obbligatorio di lavoro. In particolare, è emersa un’alta percentuale di backpackers sfruttati sul lavoro:

  • solo il 38% degli intervistati considera positivamente la propria esperienza di lavoro nelle aree rurali, e un percentuale ancora inferiore consiglia il secondo anno di permanenza;
  • il 66% pensa di essere stato sottopagato e che i datori di lavoro si approfittino di coloro che sono impiegati con un Working Holiday visa;
  • poco meno, il 59%, crede che i backpackers non si lamentino delle condizioni a cui devono sottostare per lavorare a causa del timore di non aver i documenti necessari per il rinnovo del visto;
  • più di un terzo (35%) di coloro che hanno preso parte all’indagine è stato pagato meno del minimum wage (17,70 A$ all’ora), mentre il 14% ha dovuto pagare in anticipo per ottenere il posto e il 6% è stato costretto a pagare il proprio employer per avere i documenti necessari per richiedere il rinnovo;
  • quasi l’80% degli intervistati dice di non aver concordato per iscritto un agreement su eventuali deduzioni dalla paga (come invece imposto dalla legge);
  • il 13% delle cause che vengono portate di fronte al Fair Work Ombudsman sono intentate da parte di possessori di un visto, e la metà di questi hanno un Working Holiday visa.
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    I numeri parlano chiaro: tanti backpackers sono pagati meno del minimum wage


Backpackers sfruttati sul lavoro: i problemi

Il report non evidenzia solo i numeri, ma traccia anche il quadro della situazione complessiva. In generale si assiste da una parte a una certa ignoranza da parte dei backpackers circa i propri diritti (paga minima oraria, norme di sicurezza e salute), dall’altra allo sfruttamento di alcuni datori di lavoro che prendono di mira i giovani immigrati (anche tramite i social media) e ne sfruttano il bisogno di lavorare tre mesi per il rinnovo del visto. Quello che i backpackers raccontano è:

  • sono pagati meno del minimum wage o non sono pagati affatto;
  • subiscono molestie sessuali;
  • lavorano in luoghi dove non c’è rispetto delle norme di sicurezza;
  • si vedono confiscare il passaporto;
  • hanno continue detrazioni dallo stipendio senza che ci sia un accordo preventivo e scritto tra le parti o i datori di lavoro impongono loro delle spese assurde;
  • ricevono richieste di fare del lavoro non pagato o di pagare loro stessi per poter ottenere i documenti necessari per il rinnovo del visto;
  • sono costretti a pagare per avere gli strumenti di lavoro o l’ospitalità che fanno invece parte di quanto il datore di lavoro è tenuto per legge a fornite loro gratuitamente.

La situazione è particolarmente evidente per i lavoratori che vengono da alcune aree del mondo dove la paga minima è decisamente inferiore a quella australiana e che quindi vengono raggirati con più facilità (si intendono qui i lavoratori di alcuni Paesi asiatici soprattutto).

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Fruit picking e altri lavori agricoli sono i più gettonati per gli 88 giorni obbligatori per il rinnovo del visto, ma sono spesso soggetti ad abusi di vario tipo


Backpackers sfruttati sul lavoro: cosa fare

Innanzitutto è fondamentale che tu sia informato sui tuoi diritti, sia quelli economici sia quelli generali che ti spettano in quanto lavoratore. Non esistono discriminazioni in questo ambito tra il lavoratore straniero e quello nativo. La prima arma in tuo possesso è quindi la conoscenza.

Conoscenza significa anche partecipare ai forum e alle community online dove altri backpackers come te si scambiano informazioni, tra le altre cose, sui luoghi dove hanno lavorato. E quando hai scelto una farm, vai sul web e vedi se trovi indicazioni o esperienze di altri su quel posto.

Poi è importante che, se ti trovi in una situazione in cui è palese lo sfruttamento o anche solo che ti sembra poco chiara (non ci sono accordi scritti oppure ti vengono fatte richieste di soldi non dovuti, per esempio), tu ti cerchi un’altra sistemazione e un altro lavoro. Pianifica la tua farm experience per tempo (rispetto alla scadenza del visto), in modo da poter eventualmente cambiare datore di lavoro.

Se pensi che i tuoi diritti siano stati calpestati, infine, puoi rivolgerti direttamente al Fair Work Ombudsman.

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Puoi difenderti dalle discriminazioni e dai cattivi comportamenti dei datori di lavoro. Le parole d’ordine sono informazione e condivisione


Sei un backpacker o stai pensando di fare richiesta per il Working Holiday visa per l’Australia? Sapere è potere!

In molti casi va tutto bene e l’esperienza nelle farms è assolutamente positiva. Ci sono però diversi episodi di backpackers sfruttati sul lavoro che ci insegnano come non tutti gli employers siano corretti e degni di fiducia. Per cui devi saperti difendere, sia raccogliendo più informazioni possibili (nel blog di Portale Australia troverai una miniera di notizie, incluse guide complete ai vari aspetti relativi al trasferimento e tanti video), sia parlando con altri che sono o sono stati nella tua situazione (la nostra community è il posto giusto su cui andare). Per saperne di più chiamaci al numero italiano +39 389 252 7751 o al +61 479 127 068 (dall’ Australia), oppure scrivici cliccando sul banner qui sotto.

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